Cancro e fertilità, parliamone

Bambini e adolescenti curati per un tumore hanno bisogno di essere informati sui possibili effetti
collaterali delle cure  

MILANO – L’esito di un esame, il referto istologico, inchioda il paziente e la sua famiglia a una
realtà che nessuno vorrebbe affrontare. La diagnosi di cancro è un colpo
durissimo, obbliga a un programma di cure serrate più o meno lunghe e invasive,
scatena paure e mille dubbi. Non sono pochi quelli che, ammalatisi in giovane
età, devono fare i conti anche con domande come «Potrò avere figli? Quando?
Saranno sani?». Troppo spesso però questa preoccupazione viene affrontata solo
in un secondo tempo causando timori e frustrazioni negli ex pazienti pediatrici
diventati negli anni adulti sani. Ora uno studio pubblicato sul Journal of
Cancer Survivorship mette in evidenza la necessità, molto sentita in età
riproduttiva da bimbi e adolescenti guariti, di essere adeguatamente informati
fin dall’inizio del loro iter terapeutico sui probabili effetti collaterali
delle cure e sulle strategie per preservare la possibilità di diventare
genitori.

E’ IMPORTANTE PARLARNE
SUBITO – Il numero di bambini adolescenti che sopravvivono a un tumore è in
notevole ascesa, ma, nell’urgenza d’iniziare le terapie con l’obiettivo della
guarigione, l’argomento «fertilità» non di rado viene trascurato. «La
comunicazione deve invece avvenire al momento della pianificazione delle cure –
spiega Giuseppe Luigi Banna, responsabile dell’oncologia medica all’ospedale
Cannizzaro di Catania, specialista e coautore di un libro sull’argomento -.
Sarebbe bene parlarne in un ambito interdisciplinare (con oncologo, chirurgo,
psicologo, radioterapista) e bisogna dare al malato e ai suoi familiari la
possibilità di avere del tempo per poter riflettere e decidere consapevolmente.
Per questo è fondamentale anche l’intervento di psicologi specializzati che
diano un supporto nell’elaborare la decisione. Purtroppo invece sappiamo da
altri studi che almeno la metà dei giovani malati oncologici non riceve
informazioni adeguate circa le conseguenze dei trattamenti sulla fertilità e le
possibili opzioni per mantenerla e che l’infertilità può poi essere per loro
causa di stress e di ansia».

LO STUDIO – I ricercatori
dell’Università della California hanno condotto il loro studio su un gruppo di
ragazze americane fra i 18 e i 34 anni, sopravvissute a un tumore, mettendo in
luce le loro preoccupazioni sulla loro possibilità di diventare madri e
l’impatto psicologico che la malattia e i trattamenti hanno avuto. Le
intervistate si dichiarano speranzose di poter diventare madri, preoccupate,
frustrate per la mancata possibilità di scelta; desiderano maggiori
informazioni e vorrebbero averle avute all’epoca in cui hanno effettuato le
cure anticancro. «I giovani adulti sopravvissuti a un tumore sono ancora troppo
frequentemente inconsapevoli e disinformati sulla loro fertilità o sulle
opzioni per preservarla – sottolinea l’autrice del lavoro Jessica Gorman -.
Ecco perché abbiamo voluto indagare sui loro successivi stati d’animo quando si
trovano ad affrontare il desiderio di diventare genitori e i risultati mostrano
chiaramente che i pazienti beneficerebbero molto da un’adeguata informazione».

MOLTI I MODI PER SALVARE
LA FERTILITA’ – Fortunatamente, preservare la fertilità in bambini e
adolescenti curati per il cancro è spesso possibile grazie alle nuove strategie
terapeutiche man mano messe a punto dai ricercatori. «Le opzioni di
conservazione per l’uomo – dice Banna – consistono fondamentalmente nella
conservazione del seme o del tessuto testicolare mediante biopsia nel malato
pre-pubertà. Nella donna, la crioconservazione di embrioni (maggiormente
efficace), di ovociti (relativamente poco efficace) o di tessuto ovarico, sono
le opzioni maggiormente praticate. Di recente è stata inoltre confermata
l’efficacia della somministrazione di una puntura intramuscolare (di analogo
LH-RH) per mettere a riposo le ovaie durante il trattamento chemioterapico, che
non vengono così danneggiate dai farmaci. Queste opzioni – continua l’esperto
dipendono in parte dalle normative vigenti (la conservazione degli embrioni è
infatti vietata in Italia), ma anche dai costi, a volte proibitivi, di procedure
che peraltro possono anche variare su base regionale nel nostro stesso Paese
(la conservazione del seme per l’uomo ne è un esempio). Il compito dello
specialista che pianifica il trattamento oncologico non può quindi oggi
prescindere da un’adeguata informazione circa gli effetti dei trattamenti
proposti sulla fertilità, in base ai quali può essere condivisa con il malato
la scelta del miglior trattamento chirurgico, radioterapico o chemioterapico».
Vera Martinella (Fondazione Veronesi)

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