Leucemia e trapianto di midollo: la radioterapia resta imprescindibile.

radioterapia nella cura della leucemia

Leucemia: quale trattamento scegliere?

La comunità scientifica si interroga da tempo sulla possibilità di rendere meno pesante per il paziente la preparazione al trapianto di midollo eliminando il ricorso alla radioterapia. Questo perché gli effetti a lungo termine della radioterapia possono provocare delle complicanze.

E’ possibile fare a meno della radioterapia corporea totale in preparazione del trapianto di midollo?

Radioterapia pre-trapianto: i risultati di uno studio pluriennale.

Per rispondere a questa domanda tra il 2013 e il 2018 è stata svolta una ricerca internazionale che ha coinvolto 17 paesi e 75 centri di trapianto pediatrici. I risultati ci dicono che per il momento non si può fare a meno del ricorso alla radioterapia pre-trapianto. I numeri messi a confronto rivelano chiaramente il guadagno che si ottiene rispetto al ricorso alla sola chemioterapia.

 “Dal 2013 al 2018, 413 pazienti pediatrici, tra 4 e 21 anni di età, sono stati randomizzati, cioè assegnati al condizionamento con radioterapia corporea totale (202 pazienti) o con sola chemioterapia, in particolare con busulfano-fludarabina-thiotepa (99 pazienti) o treosulfano-fludarabina-thiotepa (93 pazienti)”, riferisce Franco Locatelli, coordinatore dello studio per l’Italia.

Radioterapia pre-trapianto: impatto sulle recidive

La sopravvivenza del 91% a due anni dal trapianto con radioterapia è risultata statisticamente superiore a quella del 75%, ottenuta dai pazienti assegnati al condizionamento con chemioterapia” prosegue la professoressa Adriana Balduzzi, che ha contribuito alla stesura del protocollo ed è membro del consiglio direttivo di AIEOP, In particolare la probabilità di recidiva, cioè di ricomparsa della malattia post-trapianto, con il condizionamento basato sulla radioterapia, è stata del 12%, cioè significativamente inferiore rispetto al 30% ottenuto con il condizionamento esclusivamente chemioterapico“.

Peraltro resta fondamentale continuare a monitorare le condizioni dei pazienti arruolati nello studio.  «Vogliamo verificare l’incidenza di eventuali effetti collaterali delle terapie a lungo termine – dice Marco Zecca, direttore dell’unità operativa complessa di oncoematologia pediatrica del policlinico San Matteo di Pavia e Presidente AIEOP.

 “Alcuni di questi, infatti, possono avere un impatto sulla qualità della vita anche a distanza di anni dal trapianto”. In altre parole, la maggiore efficacia della radioterapia dovrà essere valutata su un tempo più lungo anche alla luce delle possibili complicanze a distanza.

Va tuttavia ricordato che in tempi più recenti il ricorso alla immunoterapia, per quei casi che non riescono a raggiungere la guarigione, sta dando risultati molto incoraggianti.  Al momento in Italia la terapia genica CAR-T è attuata in tre ospedali pediatrici: il Meyer di Firenze, l’ospedale Bambino Gesù di Roma e il San Gerardo di Monza.

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