Tumori infantili, l’appello delle famiglie: “Non ostacolate la ricerca sui farmaci per bambini”

Il problema dell’accesso ai farmaci pediatrici è grave: 6000 tra bambini e giovani adulti ancora oggi in Europa muoiono di cancro. Le ragioni sono anche economiche perché i tumori dei bambini sono considerati dall’industria come malattia rara, dunque commercialmente poco appetibile. Ma a partire dai Pip, qualcosa si può fare: ecco la proposta inviata all’Ue dal network Unite2Cure

di TINA SIMONIELLO

L’ATTUALE NORMATIVA europea sui farmaci limita la possibilità per i bambini e gli adolescenti con tumore di godere appieno dei progressi della ricerca degli ultimi anni. Per questo servono riforme. A chiedere una svolta è la proposta che Unite2Cure, l’organizzazione delle associazioni europee di famiglie di bambini e giovani malati o guariti da tumore, ha consegnato a maggio scorso al Commissario europeo per la salute Vytenis Andriukaitische. E a stretto giro è arrivata la risposta: la Commissione europea invita Unit2Cure a presentare osservazioni e considerazioni in previsione della valutazione d’impatto della Paediatric Regulation (la norma che le famiglie chiedono appunto di modificare) a dieci anni dalla sua entrata in vigore. “Praticamente ci dicono avete scritto al momento opportuno, fate le vostre osservazioni. Non si sbilanciano, ma dimostrano apertura rispetto al passato”, commenta Angelo Ricci, presidente Fiagop, la Federazione delle associazioni di genitori dell’oncoematologia pediatrica, tra i firmatari del documento.

Progressi notevoli e questioni aperte. Spiega Angelo Ricci: “Nell’arco di qualche decennio la sopravvivenza dei piccoli pazienti oncologici è raddoppiata, attestandosi oggi intorno all’80 per cento e per alcuni tumori al 90 per cento: progressi notevoli. Ma 80 per cento è un valore complessivo: ci sono tumori per i quali la sopravvivenza è sensibilmente più bassa. Inoltre, c’è la questione degli effetti collaterali, soprattutto tardivi, delle terapie attuali. La chemioterapia ha fatto tanto, ora ci vuole un passo avanti”.

“Meno del 10 per cento dei pazienti pediatrici che non guarisce accede ai trattamenti nuovi”, dice Franca Fagioli, responsabile dell’Oncoematologia ‘Città della Salute’ di Torino e presidente Aieop, Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica. “Ci sono tumori pediatrici che potrebbero essere trattati con nuovi farmaci già registrati per gli adulti, perché sappiamo che hanno un meccanismo di azione molecolare che è lo stesso che sottostà alla malattia del bambino. Ma non si può, perché sono appunto molecole registrate per gli adulti, che per essere autorizzate in pediatria devono completare un iter anche di 7-8 anni. Troppo. Ci vuole più flessibilità, bisognerebbe rendere trasversale la ricerca sui farmaci, non in rapporto al di tumore ma ai meccanismi molecolari”.

Pip, il problema è economico. Nel 2007 in Europa è stata istituita la Paediatric Medicine Regulation (Pmr), una norma che prevede che, per ogni nuova molecola in studio, le aziende farmaceutiche ne verifichino il potenziale utilizzo in pediatria avviando un Pip, cioè un Piano di indagine pediatrico. Le associazioni dicono che la Pmr non ha avuto in oncologia l’effetto sperato, cioè fornire farmaci più sicuri ed efficaci per i bambini e gli adolescenti ammalati. “Non l’ha avuto – conferma Ricci –  per colpa di un sistema di deroghe che di fatto consente di non completare i Pip: se un nuovo farmaco è in fase di studio per un tumore che è esclusivamente dell’adulto, come il tumore dell’ovario o del polmone, l’azienda può ottenere una deroga, cioè evitare il trial pediatrico. Così come può farlo se a studio avviato risultasse che la molecola in studio non è efficace per l’adulto. E tutto ciò anche se agisce secondo meccanismi molecolari efficaci sui tumori pediatrici”. Un numero per dare l’idea? Leggiamo sulla petizione che nei primi 5 anni di applicazione della normativa sono stati sviluppati 26 nuovi farmaci per gli adulti con possibili riscontri anche in pediatria, ma più della metà sono stati abbandonati per l’ambito pediatrico.

Aggiunge Franca Fagioli: “I Pip non si fanno perché sono costosi. In Italia sono 1500 i bambini con tumore e 900 gli adolescenti: l’oncologia pediatrica rende poco”. E Ricci conferma: “Le aziende trascurano i Pip perché i tumori dei bambini sono patologie rare, commercialmente poco appetibili”. Insomma, che 6000 tra bambini e giovani adulti ancora oggi in Europa perdano la vita per cancro non sarebbe solo per ragioni mediche, che evidentemente ci sono, ma anche per ragioni economiche, dicono le famiglie.

Via le deroghe e  Pip più smart. I piani di indagine pediatrica vanno resi più smart, più intelligenti – propongono allora le associazioni – rimuovendo dalla norma la possibilità di evitarli quando il meccanismo d’azione di un farmaco è rilevante per la fascia pediatrica. A prescindere dal tipo di tumore. Poi: non abbandonare farmaci che mostrano aspettative per i bambini, anche se la ricerca per gli adulti non prosegue. Quindi, rendere più flessibile l’età di accesso ai trial. Infine, stabilire sanzioni più forti per chi non completa le indagini pediatriche, ma pure incoraggiare con incentivi appetibili; per esempio, propone Ricci, “si potrebbero prevedere vantaggi commerciali su altri farmaci prodotti dall’azienda, non necessariamente su quello in Pip”. Tutto ciò, prevede Unite2Cure, genererebbe un’ondata di studi clinici destinati ai giovani pazienti.

Studi complessi. Va detto che fare studi sui bambini oncologici è più complesso che farli sugli adulti. Ci sono alcune resistenze etiche. E per esempio c’è un problema di reclutamento, perché i bambini che si ammalano sono pochi. A questo proposito un gruppo di stakeholders europei, European Consortium for Innovative Therapies for Children with Cancer, European Network for Cancer Research e European Society of Paediatric Oncology si sono riuniti in una piattaforma comune (Paediatric Platform) che sta lavorando su come strutturare le indagini pediatriche. Sarebbe già in corso l’istituzione di una banca dati centralizzata europea di target molecolari dei bambini a cui abbinare nuovi farmaci una volta disponibili. “Dalla chemioterapia abbiamo avuto tanto, non possiamo ottenere molto altro, ma abbiamo ancora forme inguaribili. Per incrementare le guarigioni e andare oltre l’80 per cento – conclude Franca Fagioli – ci vogliono approcci terapeutici diversi, più raffinati, parliamo di target therapy, di immunoterapia… Ci sono nuovi farmaci orali che non richiedono catetere, con meno effetti collaterali immediati e che potrebbero avere anche meno effetti collaterali tardivi sui bambini”.

repubblica.it  22.9.16

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